martedì 14 febbraio 2012

Note di passaggio

“Fai pilates? - Si con l’età -  Ti ha detto che sei grasso e vecchio, questo è molto borghese” - “Sei dimagrito? No? Sarà la barba” - “E’ pieno ed è S. Valentino - Ma no, è meglio così” - 

“E Marina? - E’ rimasta bloccata dalla neve”.
“Ho intrapreso un cammino, a Santa Croce, alla domenica, alle 8 -  Ma è troppo presto, e il venerdì? – No. Siamo in pochi, pochi eletti, e poi lo sguardo dei  nuovi e l’imbarazzo ad entrare in un gruppo chiuso” - “Ma hai la gonna o i pantaloni? - No, è un pantalone - Peccato” - “Andiamo dalle suore a servire le frappe - Siete quattro gatti”.

“Benvenuti - Vite amorose dei musicisti - Poco male, ma io mi occupo più del contrappunto. Bach vita retta. Vive infanzia serena piena di musica, che eredita dai suoi predecessori. Come l’artigiano barocco, non come passione. 7 figli, muore la moglie. Seconda moglie 13 figli, tra i quali uno musicista”.

Mozziconi di discorsi tra varia, molto snob-cultural-chic , umanità. Qui in questo luogo tempio dei millenni rimasto a custodire note di passaggio. Concerto per piano in quel di 14 febbraio.

Già con l’avvio delle onde sonore nell’aria uno sforzo alla schiena mi prende e ’l mover le dita in automatico non più io non più.
Palazzo dei Pio. Carpi. 
Maria Rita Orlando ph. All rights reserved-© 2012.

E altro da me mi  pervade.

Un ruotare volteggiare, come sbatter d’ali di farfalla in vetro, e poi salta zampilla, franta, va su su su, e rivoli in basso a scorrere su scalinate marmoree e rotola rotola, vien giù. 

Lieto sorride. Riso cristallino di bimbo nel sole. E rincorrersi tra siepi e giochi di palla e voci in lontananza.

Richiami: “E’ già sera. Rientra è sera”. La luce è sparita, solo l’imbrunire.

Silenzio nelle vuote stanze, con passo serico ti muovi a chiudere gli scuri. E vegli il sonno innocente.

L'ultima porta e poi… Lieta lieta l’ardire, il talamo (gioisce) che prende, prende. Intensità crescente cade anche il velo dell’ultima pudicizia, e un battere ed un levare. Arcane segrete geometrie allacciano.

Poi crescendo congiunti. Calma voluttà lieve e sguardi e fiorir di rose, ronzio d’api e polline.

Schermaglie e risa risa.

Arriva il giorno e canti a destare membra dopo la pugna. Su è ora, è ora su.

Si riempiono di voci le riaccese stanze e frullo d’ali intorno. In cucina la fantesca da tempo è all’opera.

Su è tardi. Un bacio e via. Al trotto si va.

Giunti alla civiltà è tutto un battere di tasti, ed esaminare di carte e scorrere inchiostri e schermi.

“E che prezzo avrà simile deciso ardire - Ma tutto ha un prezzo e anche le vite lo hanno - Suvvia è solo economia. 1 2 3, 10 100 1000 - E se poi… Che prezzo avrà tutto ciò? - Basta non è compito il nostro. Noi si deve agire chirurgicamente, quadrare”. 

Altre stanze altri luoghi.

Separa, spargi, impasta e gira, frulla, assaggia, stendi, tira, bolle bolle bolle l’acqua sul fuoco e borbotta e attizza.

“Ecco a lei - Si quant’è? - Basta uno grazie”.

E fuori nella via. Semaforo rosso giallo verde. E altrove attraverso crocevie e vicoli, bassi.

Arriva arriva il profumo.

Esterno notte. Passi sul selciato, serena solitudine. Aria frizzante, occhi come calici che traboccano, passanti che affrettano il passo, echi di vite. Sentite o sognate.

Indugio ancora un po’, per lenire il cuore, in fondo, in fondo a tutto, a tutto ciò c’è il domani. C’è l’alba. Dovrà pur arrivare. Fermati, fermati cuore, tumulto basta. Notte lascia i tuoi morsi sull’anima grave.  

E correre fuggire da cosa, da cosa poi. Lascia la tua preda, notte, pietas.

Ecco, vedo, finalmente giunge l’aurora. Lo scorgo, salva. Piano, è qui è qui.

Schumann poche certezze anche allora. Malattia, vari tentativi di suicidio, doppia anima (Diari lettere) estro e meticolosità lo tenevano legato alla vita reale. - Mozart, rapporto intenso e vitale con le donne, espansivo e spontaneo “giochi da monello” . Vi leggo un passo della lettera perché è S. Valentino. Lettera alla cugina, è carina brava affabile, ha vissuto, si divertirono insieme perché è una monella “ti sparerò con lo schioppo nelle terga” - Descrizione di Solomon su Beethoven. Pessimo carattere. 41 anni soltanto e dichiarava che il suo nome doveva stare vicino al nome di Hendel. L’amore lo spaventava. Corteggiava donne sposate sublimando con l’amicizia e poi combinava guai. “Immortale amata” complicazione, amori, fantasmi, ricambiato. Resta destabilizzato,  fa un passo indietro. Amori a distanza. Terrore solitudine”.
Piego ripongo esamino, catalogo, vi è tutto o no?

“Chi c’è, chi c’è li? Mostratevi, per Dio!”

Rincorrersi di stanze, serrare chiavistelli. “Chi c’è?”

In fondo alle scale un’ombra... Passi? No, è un’impressione .

Paura, cresce, sale, attanaglia. “Mostratevi, non son sola sapete?”

Scorgo bagliore riflesso, una sagoma. Svelato arcano il nemico, è chiaro, è qui.

Son io. Io.

Corpo molle abbandonato giace, vinto, sorride ai mostri da sé generati, amare consapevolezze vengono fuori ma pacate tenerezze, suoni di vita, risate argentine, occhi amati, troppo lontani, è un moto sì caro allora che chiama e che vibra in cuore. Manca poco, poco e ancora con voi sarò.

Nell’abbraccio il ricordo prende e consola della pena e degli affanni, e scende piano, una stilla di pianto lieve, lieve ma dolce, tale è la consolazione di un cuore troppo solo che vibra e sussulta.

E niente adesso riesce a scalfire il richiamo del ventre suo.

Ed è un ripercorrere tutta un’esistenza all’incontrario per poi ricominciare. Riprendendo le fila da dove aveva interrotto.

Applausi scroscianti scuotono il mio divagare. Sono ancora qui, nel Palazzo dei Pio, a Carpi.
Le note di passaggio mi hanno restituita all'oggi.
Maria Rita Orlando, 14.02.2012, Carpi.