lunedì 6 febbraio 2012

Prima che tutto si compisse

 

Maria Rita Orlando ph. All rights reserved-©.
“Eccomi qui, ancora grondante, pregna di aromatici effluvi freme l’emergenza della scrittura.
Dopo tre giorni di romitaggio nella mia dimora. Intenzionale sia chiaro.
Rinchiusa e lacerata, ripetendo mantra – per niente liberatori – sezionando frattali in cui resto irrimediabilmente, impigliata.
E come un asceta dopo ieratica immane inedia mi sono apprestata al lavacro.
No, non cito gaberiane metafore. 
E’ qualcosa di più.
L’ungere e il frizionare di oli e sali il corpo umido mi purifica di rimando lo spirito.
Non per niente l’acqua è un sacramentale nella cultura cristiana. E con essa scivolano via passioni e pensieri, preci e malìe. Scorre sul derma nudo, psiche, carne, anima, sangue sono mondati.
Colmo di nuova luce. Tempio. 
Noli me tangere, quante volte il mio corpo non poteva essere reale.
Basta, sento improvvisamente fremiti di freddo che salgono lungo la schiena.
Mi asciugo.
Continuo l’unzione, rosa canina, rosmarino, vaniglia nera.
Mi rivesto. Metto la sottoveste, quella nera, madre amorosa.
Chiudo gli occhi, ma è un attimo.
Infilo il vestito di maglia blu di Prussia, ci sto bene dentro. 
Indosso il cappotto, berretto, guanti e in un attimo sono fuori. L’aria gelida mi sferza il viso, mi piace, è cristallina. Spettacolo, ancora nella mia corte interna c’è della neve immacolata, che nessuno ha calpestato, affondo il passo nella coltre soffice è come camminare sulle nuvole.
Arrivo innanzi alla scala nobile, la fioriera circolare con l’edera sembra una corona sormontata d’ermellino, non resisto e prendo in mano un pugno di quel morbido vello, anche se ho i guanti sento il gelo arrivarmi alla punta delle dita. Brivido.
Apro il pesante portone.
Sono fuori, i portici, la piazza, il castello, le luci, sento nell’aria musiche ovattate, scorgo fiamme tremolanti di stufe a gas nel caffè del teatro.
La vita. Il teatro. Neoclassico, gentile e compunto, brilla di ori e di tinte pastello esaltate nelle infinite morbidezze e risorse chiaroscurali, compendia pensieri che l’occhio ha fissato senza disperderne mai il senso del mistero, anzi, ampliandone l’efficacia. Prendo posto, palco 5 posto 2. 
L’addetto del botteghino è stato veramente gentile, una collocazione incantevole, con una visone ed un’acustica di tutto riguardo.
Sono sola, mi sento come in Palco borghese di Matilde Serao. 
Altri tempi, altri luoghi.
Fermo i ricordi.
Buio in sala. Adesso solo la bellezza”.


Ho scritto questo breve testo ispirata da un luogo che ho imparato ad amare, nonostante la sua diffidenza. Dedito alla bellezza e alla cultura. Che non sarà più lo stesso. Carpi.

Pubblicato su Migranze.net – Portale di Scrittura Interattiva
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