“Certo debbo aver
sbagliato trasmissione”. Ripeteva con lo sguardo acquoso di chi illogicamente
non capiva l’evidenza. Affondava la stilo sul foglio e una chiazza nera si
allargava. No, non capiva ed i suoi tentativi non facevano altro che aprire
ferite, renderle purulente. Insensibile al dolore scavava dentro.
Qualcuno tirò le tende.
Fu colpita agli occhi dalla luce del giorno inoltrato. Adesso vedeva tutto.
I granelli di polvere sul tavolo, sullo
schermo, polvere ovunque.
Squilla il telefono,
un pugno allo stomaco. L’animale ingabbiato urla rabbioso. Basta.
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Il cursore lampeggia,
aspetta.
“… e la fatica, ti
dicevo, perché l’arte è amante esigente, vuole attenzioni, ginocchia piagate,
scostante non perdona…”
“Pensi
che le parole risolvano tutto? Pensi che scavare sezionare ricucire possano
portare lenimento? Davvero lo credi? Siamo stanchi di parole inutili.
E
perché quando te lo dico mi guardi attonita?”
Un
colpo di tosse, chiuse il libro. Fine della storia.
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