Maria Rita Orlando ph. All rights reserved-©. |
Dopo tre giorni di romitaggio nella mia dimora. Intenzionale sia chiaro.
Rinchiusa e lacerata, ripetendo mantra – per niente liberatori – sezionando
frattali in cui resto irrimediabilmente, impigliata.
E come un asceta dopo ieratica immane inedia mi sono apprestata al lavacro.
No, non cito gaberiane metafore.
E’ qualcosa di più.
E’ qualcosa di più.
L’ungere e il frizionare di oli e sali il corpo umido mi purifica di rimando lo
spirito.
Non per niente l’acqua è un sacramentale nella cultura cristiana. E con essa
scivolano via passioni e pensieri, preci e malìe. Scorre sul derma nudo,
psiche, carne, anima, sangue sono mondati.
Colmo di nuova luce. Tempio.
Noli me tangere, quante volte il mio corpo non poteva essere reale.
Noli me tangere, quante volte il mio corpo non poteva essere reale.
Basta, sento improvvisamente fremiti di freddo che salgono lungo la schiena.
Mi asciugo.
Continuo l’unzione, rosa canina, rosmarino, vaniglia nera.
Mi rivesto. Metto la sottoveste, quella nera, madre amorosa.
Chiudo gli occhi, ma è un attimo.
Infilo il vestito di maglia blu di Prussia, ci sto bene dentro.
Indosso il cappotto, berretto, guanti e in un attimo sono fuori. L’aria gelida mi sferza il viso, mi piace, è cristallina. Spettacolo, ancora nella mia corte interna c’è della neve immacolata, che nessuno ha calpestato, affondo il passo nella coltre soffice è come camminare sulle nuvole.
Indosso il cappotto, berretto, guanti e in un attimo sono fuori. L’aria gelida mi sferza il viso, mi piace, è cristallina. Spettacolo, ancora nella mia corte interna c’è della neve immacolata, che nessuno ha calpestato, affondo il passo nella coltre soffice è come camminare sulle nuvole.
Arrivo innanzi alla scala nobile, la fioriera circolare con l’edera sembra una
corona sormontata d’ermellino, non resisto e prendo in mano un pugno di quel
morbido vello, anche se ho i guanti sento il gelo arrivarmi alla punta delle
dita. Brivido.
Apro il pesante portone.
Sono fuori, i portici, la piazza, il castello, le luci, sento nell’aria musiche
ovattate, scorgo fiamme tremolanti di stufe a gas nel caffè del teatro.
La vita. Il teatro. Neoclassico, gentile e compunto, brilla di ori e di tinte
pastello esaltate nelle infinite morbidezze e risorse chiaroscurali, compendia
pensieri che l’occhio ha fissato senza disperderne mai il senso del mistero,
anzi, ampliandone l’efficacia. Prendo posto, palco 5 posto 2.
L’addetto del botteghino è stato veramente gentile, una collocazione incantevole, con una visone ed un’acustica di tutto riguardo.
L’addetto del botteghino è stato veramente gentile, una collocazione incantevole, con una visone ed un’acustica di tutto riguardo.
Sono sola, mi sento come in Palco borghese di Matilde Serao.
Altri tempi, altri luoghi.
Altri tempi, altri luoghi.
Fermo i ricordi.
Buio in sala. Adesso solo la bellezza”.
Ho scritto questo breve testo ispirata da un luogo che ho imparato ad amare, nonostante la sua diffidenza. Dedito alla bellezza e alla cultura. Che non sarà più lo stesso. Carpi.
Pubblicato su Migranze.net – Portale di Scrittura Interattiva
http://www.migranze.net/blog/
Tutto il materiale, testi e foto sono di Maria Rita Orlando. All rights reserved-©. Opere pubblicate ai sensi della legge 22 aprile 1941 n. 633, capo V, sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione, in qualunque forma, senza autorizzazione dell’Autore. La riproduzione, anche parziale, senza l’autorizzazione dell’Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta legge.
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