Mi ritraggo. Non riesco a
rimanere, vado via. E’ un rewind questo, inizio dalla fine. Non ho mai amato
stanze affollate e adesso che ci penso non prendo mai per prima la parola, mi piace
piuttosto osservare la gente, coglierne i tratti, indovinarne esistenze. Talvolta
intavolo discorsi silenti e noto caratteristiche che sfuggono ai più. I particolari
rivelano molto delle persone.
Ciclicamente mi stacco da
situazioni divenute prive di senso. Vedo il ripetersi di situazioni
stereotipate e mi coglie nausea, come quando di ritorno da Ferrara rimasi ore
interminabili in quella stazione sperduta nel nulla, con solo il bar dei cinesi
aperto e passanti senza volto che sparivano nel buio. sospesa in un non-luogo,
in una estraniante atmosfera hopperiana.
Jaya Suberg © ph |
“A che ora parti domani?”
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Qui piove a dirotto, ma
non mi dispiace. Sembra che lavi l’amarezza di giornate fatte apposta per farsi
male.
“Mi
sembra di sentire il peso che trascini... Sempre troppe parole, vero?
Buona
notte e buon viaggio, oscuro compagno di luce”.
“Buona
notte cara, sono distrutto. Vado a dormire”.