E’ da giorni che ci giro intorno.
L’urgenza della scrittura per mettere ordine.
Ordine in me facendo ordine intorno a me.
Ancora madida di sudore ma soddisfatta per certi
versi.
La ghiera del ventilatore stabilizzata, fin quando
regge la malferma vite.
L’aeratore in bagno non gracchia più (potenza di una
molletta da bucato).
E’ stato più arduo il sifone del lavandino, ma con
chiave inglese, sigillante e isolante polimerico di teflon, sembra fatta.
Solo la rete delle zanzariere e le spore alle pareti
mi vedono sconfitta.
Ma è una ritirata strategica, in verità.
In attesa di armamenti adatti. Maledetti strumenti chinesi.
L’acciaio tedesco è costoso, ma necessario.
Già, necessario, adesso. Adesso che vado via,
nonostante la mia volontà.
Qui, dall’alto, intorno a me il buio.
Luci da presepe e il rosso della mia sigaretta.
La brezza della sera dà sollievo alla mia pelle.
Tutto sembra quiete, attutite in lontananza voci
familiari. Ma non mi toccano, non mi scalfiscono, non mi feriscono. Anzi, mi
mettono addosso una triste dolcezza.
La brezza. Si, la brezza sulla mia pelle ancora pregna
delle gocce di sudore, degli effluvi della mia persona fino a qualche ora fa,
lì al chiuso, a carponi, alle prese con tubi cromati.
La mente vaga, ancora.
Poco prima ho riempito un barattolo di sabbia
finissima, sottile.
Ebbene si, la sabbia. Ne riporto sempre con me un poco
viaggiando. Colmando contenitori con silicei colori. Nera, rossa, rosa, bianca.
Quasi metafore di tempi racchiusi in improbabili clessidre.
Mi scuote l’abbaiare di un cane tra voci adesso
sconosciute.
La sigaretta è consumata. Rientro. Scendo giù nel mio
quotidiano.
Inferno. Ma è il mio posto e lo difenderò con tutta me
stessa.
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